
Scena 1: Gli spogliatoi e il sospetto
Nei giorni successivi, ogni tentativo di comunicazione tra Jake, Lisa e Meg venne severamente sorvegliato. I docenti, informati dai genitori, vigilavano con zelo, e anche i compagni iniziarono a notare l’isolamento forzato del trio.
Ciò che lasciava Lisa e Jake sbigottiti era il comportamento di Meg. Non solo non dava segno di riconoscerli, ma sembrava diventata un’altra persona. Portava vestiti curati, partecipava attivamente alle lezioni e, soprattutto, aveva iniziato a frequentare il gruppo dei “normie”, quelli che fino a poco tempo prima l’avevano presa in giro. Rideva, scherzava, a volte in modo civettuolo.
Lisa, turbata, attivò il protocollo d’urgenza dei Misfits: un bigliettino infilato in un punto preciso del vecchio termosifone accanto all’aula di chimica. Jake lo trovò e capì subito.
Si incontrarono di nascosto negli spogliatoi della palestra, durante l’orario di lezione, fingendo una normale uscita per andare in bagno.
Jake era furioso. «Meg ci ha abbandonati. Ride con quelli là, Lisa. Con loro!»
Lisa, invece, era convinta che ci fosse qualcosa di più. «No. Non è lei. C’è qualcosa che non torna. È come se… qualcosa l’avesse sostituita.»
Jake sbuffò. «O come se avesse deciso che noi non le bastiamo più.»
Lisa strinse i pugni. «Devo parlarle ancora. Guardarla negli occhi.»
Jake, anche se scettico, non intendeva rinunciare a indagare. Aveva deciso di tornare da Mr. Benson con la scusa di una ricerca vera. Almeno quello poteva ancora farlo.
Scena 2: Confronto in mensa
Durante la pausa pranzo, Lisa si avvicinò al tavolo dei “normie”, dove Meg stava mangiando con fare disinvolto. Sembrava perfettamente integrata, come se fosse sempre appartenuta a quel gruppo.
Lisa la chiamò piano. «Ciao, Meg…»
Meg da segni di riconoscerla?
No, ma...
Meg si voltò con lentezza, gli occhi truccati e un sorrisetto sarcastico sulle labbra. «Ehy quattrocchi, vuoi dirmi qualcosa?»
Lisa si bloccò, sconvolta. «Ma… Meg…»
La risposta fu una frecciata velenosa: «Oh, per favore. Quegli occhiali li hai trovati in un cimitero?»
Nota qualcosa di strano?
No, e...
Lisa cercò disperatamente un indizio: uno sguardo esitante, un tremolio nella voce, qualcosa che tradisse la vecchia Meg. Ma non trovò nulla. Era fredda, tagliente, irriconoscibile.
Si allontanò con gli occhi lucidi. Quella non era Meg. O forse lo era diventata… e li aveva davvero dimenticati.
Scena 3: Biblioteca e segreti
Qualche giorno dopo, Jake riuscì a farsi accompagnare alla biblioteca da sua madre. La BMX gli era stata requisita e ogni movimento era sotto controllo. Ma con una ricerca scolastica documentata, poteva ancora frequentare Mr. Benson.
L’anziano bibliotecario lo accolse con il solito entusiasmo. «Ah, Jake! Finalmente un giovane con cervello.»
Jake andò subito al punto, chiedendogli se ci fossero novità.
I suoi contatti hanno smosso qualche informazione a riguardo dei "fenomeni" temporali?
No, ma...
Mr. Benson scosse il capo. «Purtroppo niente. I miei contatti non hanno trovato nulla di concreto. Ma… sembri avere qualcosa da raccontare.»
Jake esitò un momento, poi gli raccontò tutto: la distorsione temporale, la luna accelerata, la ferita di Meg, la fuga, la scomparsa.
Mr. Benson gli crede?
Sì, ma...
È reticente?
No, ma...
Sembra saperne qualcosa?
No
Il bibliotecario lo ascoltò con serietà. «Ragazzo mio… quello che mi hai raccontato è sconcertante. Hai rischiato grosso. Ti prego: non tornare al Faro.»
Jake abbassò lo sguardo, ma la voce era ferma. «Sono già in carcere domiciliare a tempo indeterminato. Ma non posso mollare. Questa cosa… va capita.»
Mr. Benson, dopo un lungo silenzio, annuì. «Forse conosco qualcuno che potrebbe aiutare. Non è di Clearview. Ma ama i misteri. Lo contatterò. Vedremo se vorrà venire.»
Scena 4: L’incubo di Meg
Prompt: Kidnapped companion Bluff dreamily
Meg sognava. O meglio, riviveva un incubo.
Rivide la fuga dalla casa, la corsa disperata fuori dalla porta, le piante che la afferravano e la riportavano indietro. Ma stavolta c’era di più.
Vide se stessa, o meglio… un’altra sé che si formava lentamente all’interno di un baccello verde e pulsante, sospeso in una sorta di serra buia.
Quella Meg si aprì gli occhi, vuoti, immobili.
Meg si svegliò urlando.
Era immobilizzata, il corpo avvolto da viticci verdastri che pulsavano lentamente. Solo il volto era libero.
«AIUTO! QUALCUNO MI AIUTI!»
Una figura apparve nel suo campo visivo. La vecchia. I capelli arruffati, il sorriso inquietante, le mani sporche di terra.
«Shhh… tranquilla, piccola mia.»
«Lasciami andare! Mi cercheranno! Non puoi tenermi qui!»
La vecchia rise con un ghigno malefico.
«Non credo proprio.»
E Meg sentì di nuovo il panico salire, con la consapevolezza che nessuno sapeva dove si trovasse.