Clearview – Sessione 4

Scena 1: La fuga mancata

Meg sente che qualcosa che non va nella voce della donna, una sfumatura di follia forse. Cerca di valutare la resistenza dei suoi legami.  
Le corde sono molto strette?

Il dolore alla mano pulsava ancora, ma era il tono della voce della donna che metteva Meg in allarme. Una sfumatura indefinibile, come se la sua gentilezza fosse solo una maschera sottile, pronta a scivolare. Le corde che la legavano erano strette, implacabili, ma Meg iniziò comunque a contorcersi piano, tentando di sfilare la mano.

«Signora?», chiese con voce rotta ma gentile. «La ringrazio davvero per avermi salvato. Potrei… potrei solo chiamare i miei genitori? Devono essere preoccupati…»

La donna è ancora nell'altra stanza?  
Sì, e...

«Oh, tesoro, prima voglio assicurarmi che ti sia ripresa per bene», rispose la voce dalla cucina. Il suono metallico di posate e piatti la accompagnava. «E poi non ho un telefono. Odio quegli affari. Portano solo menzogne e confusione.»

Meg, con le mani dietro la schiena, approfittò della risposta distante.
Contorse il polso, si torse leggermente il braccio…

Meg prova a liberarsi, non ha abilità specifiche ed è in svantaggio quindi tira un d4 --> 4, Contrattempo: successo con un costo!  
Prompt: Persistent garden attack loudly

Con uno sforzo silenzioso ma disperato, riuscì a liberare una mano, poi l’altra. Strappò via la benda dagli occhi. Senza attendere oltre, si lanciò verso la porta d’ingresso. Il cuore le martellava nel petto.

Ma appena oltrepassò la soglia…

Un violento strattone alla caviglia la fece cadere rovinosamente. Un viticcio, verdastro e pulsante, le si era avvolto intorno come un serpente.

La donna apparve sulla soglia con un sorriso compiaciuto. I suoi capelli erano arruffati, il vestito vecchio e sporco di terra.

«Oh, vedo che hai fatto conoscenza con le mie piantine…»

Meg scalciò, cercando di liberarsi.

Meg cerca di liberarsi dal viticcio  
Tira un d6 --> 2, fallimento!

Il viticcio strinse con più forza, tagliandole il respiro e la speranza. La donna si chinò su di lei, il sorriso deformato dalla follia.

«Piccola ingrata… non ci si comporta così con chi ti mostra gentilezza.»

Scena 2: Al Pronto Soccorso

Lisa si precipitò con Jake al Pronto Soccorso. La storia che avevano inventato era semplice e, speravano, abbastanza plausibile: una caduta mentre esploravano Bluff Manor.

Gli infermieri li accolsero con sguardi scettici. Una dottoressa si limitò a scuotere la testa mentre esaminava Jake. «Soliti giochi stupidi…»

I genitori di entrambi vennero subito chiamati.

I genitori di Lisa erano furibondi:
«Signorina, sei in guai veramente grossi. Hai ignorato la punizione e ti sei messa in altri casini! Scordati di uscire fino al diploma. E niente gingilli, niente walkie talkie, niente!»

I genitori di Jake arrivarono poco dopo, in piena tempesta emotiva.

Sono furiosi anch'essi?  
Sì, e...

«Sei anche tu nei guai, signorino!» tuonò suo padre. «Altro che tolleranza! Siamo stati troppo molli con le tue fantasie da detective. E non vogliamo più che frequenti quella stramba selvaggia di Meg Taylor!»

Jake si alzò in piedi. «Ehi! Meg ci ha aiutato! Senza di lei—»

«Basta!» lo zittì sua madre.

La discussione degenerò in fretta. I genitori di Lisa, ancora nuovi a Clearview, ascoltavano i Taylor venire infangati e non sapevano che pensare. Alla fine, tutti concordarono su una misura drastica: per il bene dei ragazzi, era meglio separarli. Avrebbero parlato con la scuola.

Lisa e Jake protestarono con tutta la forza che avevano. Ma nessuno li ascoltava più.

Scena 3: A scuola

Il giorno seguente, Jake e Lisa vennero portati a scuola dai genitori. Nessuno sguardo, nessuna parola tra di loro durante il tragitto.

Il colloquio con il preside fu breve ma deciso. «D’ora in poi, avrete interazioni minime tra voi e con la signorina Taylor. È per la vostra sicurezza e serenità familiare.»

Quel giorno a scuola sembrò più lungo del solito. I due ragazzi, isolati dai compagni e sotto osservazione, si incrociarono a malapena nei corridoi. Quando lo fecero, fu solo per rubare uno sguardo rapido, carico di preoccupazione.

Poi, accadde l’incredibile.

Alla mensa, Lisa si voltò e vide Meg, seduta al tavolo come se nulla fosse. Stava mangiando, con movimenti lenti e composti, lo sguardo fisso nel vuoto.

Lisa si alzò di scatto, ignorando le voci di protesta di chi le stava intorno. Raggiunse Meg e si chinò su di lei.

«Meg! Ma cavolo… dov’eri?! Ti abbiamo cercata ovunque!»

Meg alzò lo sguardo. I suoi occhi erano vitrei, distanti. E la sua voce, quando rispose, era piatta, priva di emozione.

«Mi dispiace. Non so di cosa stai parlando.»

Lisa la fissò, sconvolta. Meg non la stava guardando come un’amica. Non la stava guardando come qualcuno che la riconoscesse affatto.

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